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Niksa
700 Words / 1 Recordings / 0 Comments

Salendo lo scalone del palazzo, Antonio, il maggiordomo, mi avvertì: "Non ti fare illusioni di guadagnarci molto con la principessa perché è avara da non credersi... da quando le è morto il marito, poi, le è venuta la passione di occuparsi dell'amministrazione e non lascia più beneavere a nessuno."

"Ma che, è vecchia?" domandai a caso.

"Vecchia lei? È giovane e bella... avrà sì e no venticinque anni... a vederla sembra un angelo... eh, le apparenze ingannano."

Risposi: "Beh, può anche essere un diavolo, ma io non voglio se non quello che mi è dovuto... faccio il mediatore, la principessa ha un appartamento da vendere, io glielo vendo, prendo la percentuale e tanti saluti."

"Eh, non è così semplice... ti farà sputar sangue... aspetta che vado ad avvertirla."

Mi lasciò nell'anticamera e andò ad avvertire la principessa che lui chiamava "eccellenza", come se fosse stato un uomo. Aspettai un pezzo in quell'anticamera fredda gelata, proprio di palazzo antico, con le pareti ricoperte di arazzi e la volta affrescata. Finalmente Antonio venne a informarmi che sua eccellenza mi aspettava. Attraversammo una sfilata di saloni e poi, in un salone più grande degli altri, nel vano di una finestra, vidi una scrivania e lei che ci stava seduta, scrivendo. Antonio le si avvicinò, con rispetto, dicendo: "Ecco il signor Proietti, eccellenza", e lei rispose: "Venite pure avanti, Proietti", senza alzare gli occhi. Come le fui accosto, potei guardarla a mio agio e dovetti subito riconoscere che Antonio non aveva esagerato paragonandola ad un angelo. Aveva un viso fine, bianco, delicato, dolce, coi capelli neri e certe lunghe ciglia nere che le ombreggiavano le guance. Il naso, un po' all'insù, era sottile, trasparente, come abituato a non odorare che profumi. La bocca l'aveva piccola, con il labbro superiore più grosso, simile a una rosa. Abbassai gli sguardi alla persona: era vestita di nero, con una giubba stretta: aveva i fianchi e il petto larghi e la vita di vespa, da farne il giro con le due mani. Scriveva: la mano era bianca, magra, elegante, con un diamante all'indice. Poi alzò gli occhi verso di me e vidi che erano bellissimi: enormi, scuri, insieme vellutati e liquidi. Disse: "Allora, Proietti, vogliamo andare a vedere l'appartamento?"

Aveva una voce dolce, carezzevole. Balbettai: "Sì, principessa." "Venite, Proietti, di qua", lei disse prendendo una grossa chiave di ferro.

Riattraversammo tutti quei saloni, nell'anticamera lei disse ad Antonio che accorreva ad aprirle la porta: "Antonio, dite un po' a quelli, giù, del termosifone che non mettano più carbone... si soffoca qua dentro dal caldo;" e io mi meravigliai perché l'anticamera era gelata e così tutte le altre stanze. Prendemmo per lo scalone, lei avanti e io dietro, e mentre mi precedeva potei vedere che aveva anche una figura bellissima: alta, sottile, con le gambe dritte e quel vestito nero che faceva risaltare la bianchezza della nuca e delle mani. Salimmo due rampe dello scalone, e poi altre due rampe di una scala di servizio e finalmente, in fondo a una soffitta, trovammo la scala a chiocciola, di ferro, che portava all'appartamento. Lei si inerpicò per questa scaletta e io salii dietro, abbassando gli occhi, perché sapevo che avrei potuto guardarle le gambe e non volevo e già la rispettavo come una donna che si ama. Entrammo nell'appartamento che consisteva, come vidi subito, in due stanzoni con il pavimento di ammattonato e le finestre a bocca di lupo, aperte in alto, sotto il soffitto. Una terza stanzetta, di forma circolare, ricavata in un belvedere,dava con una portafinestra su un balcone con la ringhiera, sospeso sopra un gran
tetto di tegole brune. Lei aprì la portafinestra e uscì sul balcone dicendo: "Venite, Proietti, guardate che panorama." Effettivamente la vista era bella: da quel balcone si scopriva tutta Roma, con tanti tetti, cupole e campanili. Era una giornata serena e, in fondo al cielo azzurro, tra un tetto e l'altro, si poteva vedere anche la palla di San Pietro. Guardavo imbambolato il panorama, ma in realtà quasi non lo vedevo e non pensavo che a lei, come a qualche cosa che mi preoccupava e che non potevo dimenticare. Lei intanto era rientrata; e io mi girai domandando meccanicamente: "E i servizi?"

Recordings

  • Il mediatore, parte 1 ( recorded by konaya ), Fiorentino (standard italian accent resulting from literature)

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