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Niksa
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Caduto l'Impero Romano, Mantova fu invasa dai Goti e successivamente fu occupata dai Bizantini. All'inizio del VII secolo la città divenne longobarda sotto la guida del re Agilulfo e dal 774 iniziò il dominio dei Franchi. Evento storico determinante per il successivo sviluppo cittadino, fu il ritrovamento nell'anno 804 del presunto Sangue di Cristo seppellito in località "Gradaro" dal centurione romano Longino. Infatti si fa risalire all'anno successivo la nascita della diocesi, quando Papa Leone III, venne a Mantova su invito di Carlo Magno con il fine di verificare il ritrovamento del Preziosissimo Sangue di Cristo.
Intorno all'anno mille, con Tebaldo di Canossa, Mantova entrò a far parte dei possedimenti Canossiani. Fu elevata a capitale da Bonifacio III senza averne in cambio la fedeltà sperata. All'assassinio di quest'ultimo e dopo la quasi immediata morte dei due figli maschi, ci fu la successione con la figlia, la contessa Matilde che a Mantova vi era nata nel 1046. Alla sua morte avvenuta il 25 luglio 1115, la città, formalmente feudo imperiale, poté costituirsi in Libero Comune in seguito alle concessioni dell'imperatore che rinunciò alla nomina di un nuovo conte. A capo della gerarchia cittadina era il Vescovo che solo nel 1186 perse la potestas a favore del primo Podestà forestiero, il milanese Attone di Pagano.


Palazzo BonacolsiDal 1257 il comune fu guidato da una nuova carica, il Capitano del Popolo. All'interno della città si andarono affermando le famiglie dei Bonacolsi, degli Arlotti, dei Casaloldi. Dopo conflitti scoppiati tra questi, primeggiarono i ghibellini Bonacolsi e, nel 1273, Pinamonte Bonacolsi iniziò il periodo in cui Mantova fu sotto la guida di una Signoria. I Bonacolsi erano appoggiati dall'autorità imperiale per la loro politica ghibellina, oltre che favorevolmente visti dalla cittadinanza, quali difensori della popolazione mantovana dalle angherie del clero e dalla minaccia dell'inquisizione. La cittadinanza mantovana aveva già mostrato, nel 1235, una certa insofferenza verso i tentativi di ingerenza della Chiesa nell'amministrazione civile e penale della città, quando il vescovo Guidotto da Correggio venne linciato a furor di popolo, per aver preteso di limitare le libertà civili concesse dal Podestà. Dopo il generale malcontento causato dal rogo dell'eretico Martino di Campitello, nel 1265, i Bonacolsi attuarono una politica decisamente attenta a limitare gli eccessi del potere religioso. Nel 1293, in seguito allo sdegno provocato dal comportamento scarsamente edificante dei monaci domenicani verso alcune fanciulle, una folta delegazione di mantovani entrò con la forza nel convento e sottopose i monaci a una dura serie di insulti e minacce, sottolineando la reprimenda con la vigorosa bastonatura dei colpevoli o presunti tali. I domenicani si rivolsero alla magistratura, ottenendo dal giudice dei malefici la condanna per i responsabili al risarcimento pecuniario del danno subìto. La sentenza venne però annullata dal capitano del popolo Bardellone Bonacolsi, in riconoscimento delle buone ragioni dei condannati. Durante il governo di Guido Bomacolsi, nel 1303, entrarono in vigore gli Statuti Bonacolsiani, senza che vi fossero inserite norme repressive contro gli eretici, precedentemente ottenute dal vescovo Martino di Parma, già nel 1252. Con la ripresa delle sorti guelfe, dal secondo decennio del XIV secolo, gli scontri con il clero si fecero più pesanti, fino ad arrivare all'ordine di Rainaldo Bonacolsi, nel 1316, con il quale si vietava di portare armi agli "assistenti" del potente inquisitore Tomasino Tonsi di Modena. Il papa Giovanni XXII, nel 1326, scomunicò Rainaldo, creando le condizioni per la ripresa dei conflitti di potere tra le famiglie mantovane, che portò alla conquista della città da parte dei Gonzaga, nel 1328, sostenuti dalle milizie veronesi di Cangrande della Scala.

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